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Resistenza al cambiamento: restare fermi o rinnovarsi?

Immagine del redattore: ML CandelaML Candela

Ti sei mai trovato a pensare “non ce la farò mai”, “meglio rimandare”, o “non sono abbastanza bravo”?

Se sì, potrebbe essere che tu stia vivendo un fenomeno comune ma insidioso: la resistenza al cambiamento. Questo meccanismo è spesso sottile e inconscio, ma può avere un impatto significativo sulla tua capacità di evolvere e raggiungere i tuoi obiettivi.

La resistenza al cambiamento è un fenomeno complesso che si manifesta quando, consapevolmente o meno, opponiamo resistenza a situazioni, decisioni o azioni che potrebbero portarci fuori dalla nostra zona di comfort. Perché succede? Paura del fallimento, insicurezza, perfezionismo o timore di perdere il controllo sono solo alcune delle ragioni ( Kegan & Lahey, 2009).

Perché resistiamo al cambiamento?

Secondo lo psicologo Kurt Lewin, la resistenza al cambiamento deriva dal conflitto tra forze che spingono verso il cambiamento e forze che vi si oppongono. Nel suo modello delle tre fasi (unfreezing, changing, refreezing), Lewin evidenzia come la resistenza si trovi soprattutto nella fase iniziale, quella di “scongelamento,” quando siamo chiamati a mettere in discussione vecchie abitudini e credenze (Lewin, 1947).

Un altro contributo fondamentale viene da Robert Kegan e Lisa Lahey nel loro libro Immunity to Change. Gli autori spiegano che le persone spesso resistono al cambiamento non per mancanza di motivazione, ma perché inconsciamente cercano di proteggersi da ciò che percepiscono come una minaccia alla loro identità o stabilità emotiva. È come avere una “immunità psicologica” che blocca il progresso.

Le forme della resistenza: procrastinazione, perfezionismo e insicurezza

  1. La procrastinazione: Quante volte hai rimandato qualcosa di importante perché “non era il momento giusto”? La procrastinazione è una delle forme più comuni di resistenza al cambiamento. Spesso, dietro questo comportamento si nasconde la paura del fallimento o del giudizio.Come spiegano William Miller e Stephen Rollnick nel loro manuale sull’intervista motivazionale, il primo passo per affrontare questa resistenza è riconoscerla e poi creare una motivazione intrinseca al cambiamento (Miller & Rollnick, 2013).

  2. Il perfezionismo: Hai mai pensato che, se non puoi fare qualcosa alla perfezione, tanto vale non farla affatto? Questa trappola mentale ti costringe a fissare standard irrealistici e ti fa sentire paralizzato davanti alla possibilità di sbagliare. Secondo Switch di Chip e Dan Heath, una delle strategie più efficaci per superare il perfezionismo è concentrarsi su piccoli passi concreti e celebrarne il successo (Heath & Heath, 2010).

  3. L’insicurezza: L’insicurezza può assumere molte forme: dubbi su se stessi, paura di non essere all’altezza o timore del giudizio altrui. Come sottolineano Prochaska e DiClemente nel loro modello degli stadi del cambiamento, superare l’insicurezza richiede consapevolezza e la capacità di affrontare le proprie emozioni in modo costruttivo (Prochaska, Norcross, & DiClemente, 1994).

La paura del successo: il lato oscuro del cambiamento

Sì, hai letto bene. Non è solo il fallimento a spaventarci: anche il successo può intimorire. Perché? Perché il successo porta con sé nuove responsabilità, aspettative e, talvolta, il rischio di perdere ciò che conosciamo. Come spiega John Kotter in Leading Change, spesso le persone preferiscono rimanere in una situazione familiare – anche se insoddisfacente – piuttosto che affrontare l’incertezza del cambiamento. Questo fenomeno è legato al nostro desiderio di stabilità e alla paura dell’ignoto (Kotter, 1996).

Sebbene possa sembrare controintuitivo, la paura del successo è una delle forme più subdole di resistenza al cambiamento. Spesso associamo il successo a sentimenti di realizzazione e appagamento, ma in realtà esso porta con sé un carico emotivo che molte persone trovano difficile da gestire. Il successo implica nuove responsabilità, aspettative più alte e, talvolta, il timore di non essere all'altezza del ruolo che abbiamo raggiunto. Questi fattori possono generare ansia e insicurezza, facendo sì che una persona, inconsciamente, metta in atto comportamenti di auto-sabotaggio per evitare di affrontare queste pressioni.

Un altro aspetto cruciale è il cambiamento delle dinamiche relazionali. Quando una persona raggiunge il successo, potrebbe incontrare l’invidia o il distacco da parte di amici, familiari o colleghi, creando un senso di isolamento. Questo è particolarmente vero se il successo di una persona mette in discussione lo status quo delle sue relazioni o rompe i legami di identificazione con il gruppo di appartenenza. Ad esempio, una persona che ha sempre fatto parte di un ambiente modesto potrebbe sentirsi in colpa o inadeguata nell'abbracciare il proprio successo, temendo di essere vista come “diversa” o “superiore” agli altri.

Inoltre, la paura del successo è spesso collegata a una forma di autosvalutazione. Alcune persone, inconsciamente, credono di non meritare il successo, un fenomeno noto come sindrome dell’impostore. In questi casi, anche quando il successo arriva, il soggetto potrebbe non essere in grado di goderselo appieno, vivendo costantemente nell’ansia di essere “scoperto” come incompetente o fraudolento.

Infine, il successo rompe la familiarità della zona di comfort, obbligando la persona a confrontarsi con un’identità nuova e in continua evoluzione. Questo può essere spaventoso, perché il cambiamento richiede di lasciar andare vecchie certezze per abbracciare un futuro incerto, ma ricco di opportunità. Lavorare su questa paura significa riconoscere il suo legame con bisogni emotivi profondi, come la sicurezza e il riconoscimento, e imparare a ridefinire il successo come un’opportunità di crescita personale, anziché come una minaccia alla propria stabilità.

Sulla resistenza al cambiamento

Dal punto di vista psicodinamico, la resistenza al cambiamento può essere vista come un meccanismo di difesa inconscio, radicato in conflitti irrisolti del passato. Secondo la teoria di Sigmund Freud, la resistenza è una barriera che l'Io erige per proteggere se stesso dall’ansia generata dall’esplorazione di contenuti inconsci, spesso legati a esperienze infantili dolorose o traumi. Questo meccanismo di difesa si manifesta come un tentativo di preservare la stabilità psichica, impedendo però al soggetto di affrontare e rielaborare ciò che lo blocca. Per esempio, una persona che teme il fallimento potrebbe essere inconsapevolmente ancorata a un'esperienza precoce di critica o svalutazione genitoriale. In terapia, il lavoro consiste nel portare alla luce questi schemi inconsci, favorendo la loro elaborazione e trasformazione. Solo quando il conflitto sottostante viene riconosciuto e affrontato, il soggetto può liberarsi dalla resistenza e aprirsi al cambiamento, integrando nuove modalità di essere.

Il ruolo del desiderio e del godimento: una prospettiva Lacaniana

Dal punto di vista lacaniano, la resistenza al cambiamento può essere compresa attraverso il concetto di jouissance (godimento) e il rapporto del soggetto con il proprio desiderio. Per Lacan, il soggetto è intrappolato in un conflitto tra il desiderio autentico, che lo spinge verso il cambiamento, e il godimento che deriva dal rimanere nella ripetizione dello stesso schema. Questa ripetizione, per quanto dolorosa o frustrante, offre una forma di piacere paradossale che il soggetto fatica a lasciare andare. Un altro aspetto chiave è il rapporto con l’Altro simbolico: il cambiamento, infatti, implica una rinegoziazione del proprio posto nell’ordine simbolico, con tutte le angosce legate alla perdita di identità e sicurezza. Lacan sottolinea come la resistenza al cambiamento sia spesso un modo per evitare l’incontro con il Reale, ossia con ciò che è traumatico o fuori dal linguaggio. In una prospettiva terapeutica, il compito è aiutare il soggetto a riconoscere e ridefinire il proprio desiderio, rompendo con il godimento tossico della ripetizione e aprendosi alla possibilità di una trasformazione simbolica autentica.

La resistenza al cambiamento come opportunità di rinnovamento

La resistenza al cambiamento è una forza complessa, radicata tanto nel profondo dell’inconscio quanto nelle dinamiche relazionali e simboliche della nostra vita quotidiana. È una battaglia silenziosa, in cui il desiderio di evolvere si scontra con le paure più profonde: quella del fallimento, del giudizio, della perdita di controllo, e persino quella del successo. Tuttavia, ciò che spesso percepiamo come un ostacolo insormontabile può trasformarsi in una porta d’accesso verso una maggiore autenticità e una vita più piena, a patto che scegliamo di non crogiolarci nella nostra condizione, ma di reagire.

Ogni prospettiva analizzata offre una lente unica per osservare questa sfida: la psicodinamica ci insegna che i nostri blocchi sono ancorati a conflitti irrisolti del passato, invitandoci a un viaggio di introspezione per rinegoziare la nostra identità. L’approccio lacaniano, invece, ci spinge a guardare al nostro rapporto con il desiderio e al godimento che paradossalmente traiamo dal restare immobili nella ripetizione. Le teorie pratiche del cambiamento, come quelle di Lewin o Kegan, ci mostrano che il cambiamento richiede non solo consapevolezza, ma anche azione deliberata e coraggio per rompere i legami con ciò che ci trattiene.

Riconoscere che la resistenza è una parte naturale del cambiamento è fondamentale, ma non può essere un alibi per restare fermi. Crogiolarsi nella paura, nella procrastinazione o nell’insicurezza è un tradimento verso noi stessi, un rinunciare al potenziale che ci abita. La paura del successo, in particolare, sottolinea come il cambiamento non riguardi solo ciò che otteniamo, ma chi diventiamo nel processo. È la paura di perdere la familiarità della nostra identità che spesso ci tiene legati a schemi che non servono più, ma questa paura può essere affrontata solo se scegliamo di agire.

Agire non significa avere tutte le risposte o sentirsi pronti. Significa essere disposti a sbagliare, a rimettere in discussione le nostre certezze e a uscire dalla nostra zona di comfort, anche quando il terreno sotto i piedi sembra incerto. Significa smettere di cercare la perfezione e accettare il valore trasformativo del fallimento. La vera crescita avviene non nel perfezionismo, ma nel movimento, nell’imperfezione, nel processo.

Reagire alla resistenza al cambiamento richiede anche di riconoscere che non siamo soli in questo viaggio. Chiedere aiuto non è un atto di debolezza, ma un segnale di forza. Che sia attraverso la terapia, la mindfulness o il dialogo con figure professionali di supporto, possiamo trovare strumenti per affrontare il cambiamento in modo consapevole. Tuttavia, nessuno può fare questo lavoro al nostro posto: la responsabilità di agire è, e resterà sempre, nostra.

In definitiva, il cambiamento è una scelta. Possiamo restare prigionieri di schemi che ci limitano, rifugiandoci nelle scuse e nei nostri timori, oppure possiamo decidere di reagire, accettando l’incertezza come parte del viaggio. Sì, il cambiamento è destabilizzante e, a volte, doloroso, ma è anche una delle esperienze più potenti che possiamo vivere. È un processo di rinascita, in cui ci liberiamo delle vecchie paure per abbracciare una nuova versione di noi stessi. Se c’è una lezione da trarre da tutto questo, è che il cambiamento non ci definisce: siamo noi a decidere come affrontarlo e che significato dargli. E, soprattutto, che non è mai troppo tardi per scegliere di essere protagonisti della nostra trasformazione.

Vuoi cambiare o preferisci continuare a rimanere intrappolato nello stesso pantano che ti soffoca ogni giorno?

Ogni scelta che fai, anche quella di non agire, è una decisione che definisce il tuo percorso. Restare immobili significa accettare di vivere in una condizione che conosci, anche se ti consuma, mentre il cambiamento è l’unica via per liberarti. La domanda è: quanto ancora vuoi rimanere bloccato? Quanto valore dai alla possibilità di trasformare la tua vita in qualcosa di diverso, qualcosa che meriti davvero?

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